Alcolista anonimo

alcolisti anonimi

Nella stanza ci sono dodici persone, otto di questi sono uomini. Seduti in cerchio su sedie di legno una diversa dall’altra. A turno ci raccontiamo le nostre giornate iniziando con la frase “sono sobrio da x giorni”. 

Io bevo. Mi piace bere, bevo tanto. Bevo da quando ho memoria. Da bambino andavo a bere di nascosto i superalcolici dall’armadio di mio padre in soggiorno. Crescendo ho amato la birra. Da ragazzo ne bevevo pinte su pinte. Fresca, bionda, rossa, scura… Nel tempo ho apprezzato il vino. Vino rosso, bianco, frizzante, secco, Lambrusco, Bonarda, Falanghina, nero d’Avola… Ero sempre brillo. Alla sera diventavo ubriaco, a volte molesto. Mi accorgevo di essere al limite quando cominciavo a parlare con difficoltà ma mi piaceva quella sensazione e non mi fermavo. Attaccavo briga con chi mi stava antipatico, l’alcol mi dava forza e disinvoltura. Da ubriaco guidavo, mi sentivo bene, immortale. Mi hanno ritirato la patente tre volte. Adesso non ce l’ho più. Giro in bicicletta. Da casa al lavoro, dal lavoro al supermercato (dove compro qualcosa da mangiare e le mie bottiglie), dal supermercato a casa. La sera esco a piedi. Faccio il giro dei bar del centro e torno a casa presto, stanco e barcollante. 

È la prima volta che vengo in questo centro di alcolisti. Mi sembrano tutti degli ubriaconi sfigati. Sapevo che c’era questo centro che offriva questo servizio a chi cerca di smettere ma non ne ho mai avuto bisogno. A me piace bere, sono simpatico quando bevo, il mio mondo intriso d’alcol è una meraviglia. Perché sono qui allora?

Ieri sera, nel mio consueto giro alcolico, mi sono imbattuto in una giostra per bambini. Li vedevo girare felici su quei cavallucci e con loro girava anche il mio mondo e la mia testa. Li osservavo da qualche metro e ad ogni giro incrociavo lo sguardo di un bambino in paricolare. Aveva gli occhi grandi e verdi e un sorriso triste. Incrociavamo gli sguardi, ad ogni giro sempre più a lungo. La giostra smise di girare con un suono di campanella. Il bambino scese dal cavalluccio e si diresse verso di me continuando a sostenere il mio sguardo. Quando arrivò presso di me allungò una mano e mi sfiorò una gamba, continuò a camminare e, raggiunta la sua mamma che si trovava alle mie spalle, sparì tra la folla.

Mi sentivo strano, mi era passata la sbronza. Avevo una lucidità che non ricordavo da anni, come se non avessi bevuto neanche una goccia d’alcol. Non avevo nausea, ero leggero e sereno. Non mi accorsi che piangevo, il mio volto era rigato dalle lacrime. Forse ero felice. Mi guardai intorno e il mio sguardo fu catturato dalla statua di un angelo della chiesa di S. Michele. Forse avevo capito il messaggio, forse avevo ricevuto un miracolo.

Adesso dovrebbe essere il mio turno di parlare: “sono sobrio da ieri sera e credo di aver incontrato un angelo…”

Alter ego

Cammino lungo una strada della città. È lastricata, bagnata e scivolosa, ha appena finito di piovere.

Dall’altro lato della strada vedo un uomo simile a me. Camminiamo nella stessa direzione. A volte incrociamo gli sguardi. Un momento lui è avanti a me di qualche metro. Un minuto dopo sono io ad essere in vantaggio su di lui.

È il mio alter ego, quello che decide, quello sicuro di sé. Lo guardo, cerco di imitarlo, vorrei essere come lui. A volte ci riesco. Spesso invece è ancora qualche passo avanti a me.

Ci sto lavorando, mi sto allenando.

La svolta

La strada è in leggera salita, da tanti anni. Il cammino è pieno di sassi, buche. Ti fanno male i piedi. Spesso un sassolino entra nella scarpa e fai cento, mille passi con un dolore piccolo ma costante che ti pungola fino a che ti devi fermare e per proseguire devi estrarre il corpo estraneo. La strada si fa stretta, devi rasentare il muro, devi stare attento a non cadere nel fosso che costeggia la via.

Vedi da lontano un’altra strada che si incrocia con la tua, una strada in discesa. Una strada liscia, tappezzata di erba fresca. Vorresti prendere quella via, senza scarpe scivolare sull’erba e dare ristoro ai tuoi piedi stanchi. Vorresti svoltare ma, quando sei vicino a prendere questo nuovo sentiero, questo si riempie di nebbia. Cerchi di guardare attraverso il fumo ma non riesci a vedere la via dove porta, se è sicura, se ha uno sbocco. Allora prosegui per la tua strada in salita, con fatica, aspettando un’altra svolta che non sai quando e se arriverà. E non sai se allora avrai il coraggio di svoltare.

Esortazione della domenica

Portate nel mondo la pace.

Abbiate parole di pace.

Abbiate parole d’amore.

Siate felici.

Siate sorridenti.

Siate gentili.

“Amatevi l’un l’altro, come vi amo io” disse il Cristo. Quindi se non volete farlo per me, almeno fatelo per Lui.

Peace!

Sconforto

“Quando discuti con un avversario prova a metterti nei suoi panni, lo comprenderai meglio… Ho seguito questo consiglio ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire.”

Questa è una citazione di Antonio Gramsci (1891 – 1937) che trovo molto appropriata in questo periodo storico. Trovo molto difficile, durante le discussioni politiche, immedesimarmi in questa maggioranza “sudicia”, razzista, spesso ignorante dei princìpi costituzionali. Eppure tronfia, incrollabile nelle proprie convinzioni.

Sempre più simili al “Ventennio”? Corsi e ricorsi storici? Spero di no, con tutto il cuore. Per il mio paese e per i miei figli.

Pace in famiglia

Si comincia dalla famiglia.

Se in una famiglia c’è lite, odio, rancore, parole dure tra uomo e donna (anche davanti ai bambini), nasce il malessere. Questo stato d’animo si trasmette a tutti i membri del nucleo familiare e poi viene portato fuori dalla casa, in strada, in auto. Con il prossimo siamo già prevenuti, pronti ad attaccare. La spirale di violenza, verbale e fisica, di gesti e mimica si innesca e si propaga da persona a persona. Il male si diffonde e la giornata può diventare un inferno.

Dovemmo diventare migliori già in casa. Al mattino, con i nostri familiari, cominciare la giornata con il sorriso anche se si va tutti di fretta, tutti stressati e la prospettiva del lavoro non è allettante. Portare il sorriso fuori casa e trasmetterlo al prossimo. Qualche gesto gentile, far attraversare un passante, donare uno spicciolo ad un povero, dire semplicemente “grazie” e “per favore”.

Citazione del giorno: “Pace in casa, pace nel mondo” disse Mustafa Kemal Atatürk.

Peace!

Poesia

Ha ancora senso la poesia oggi?

A volte mi piace mettere i pensieri in versi. Ermetici, criptici, versi di cui io solo conosco il significato esatto o nei quali ognuno può trovare il proprio. Per fermare quello stato d’animo in quel momento. Per fotografare un sentimento. Versi che non devono piacere a nessuno, di cui non devo spiegare il significato, mi imbarazzerebbe farlo.

Questo è il senso della mia poesia oggi. Non versi in rima cuore e amore ma parole, silenzi, sputi, ombre. Il modo per sviscerare un dolore.

Accidia

Quando al liceo si studiava Dante grande effetto sul nostro immaginario suscitavano le punizioni infernali. Tra i dannati c’erano gli accidiosi e gli iracondi. Essi erano immersi nello Stige, uno dei fiumi infernali, nelle cui acque chi in vita era stato appunto accidioso veniva sommerso in un senso eterno di soffocamento, tipo un waterboarding.

“L’accidia è una sorta di inerzia morale” insegnavano i professori. E io in quest’inerzia mi sento immerso continuamente. Combatto per venirne fuori, tutti i giorni. Per non annegare nello Stige. Scrivere qualche pensiero su questo blog è un modo per rimanere a galla.

Doré_-_Styx

Lo Stige di Gustave Doré

Una volta registrai anche un video per mostrare il mio stato d’animo. Non ditemi troppe parolacce.