Viaggi onirici

Nel pomeriggio di un giorno qualunque vennero a trovarci gli amici di mia moglie. Un cornuto, un calvo, un vigliacco e una scorza di melone. Insieme erano una banda ben affiatata, ma presi da soli non avevano senso di essere. Nel 1978 non ero ancora nato, ma essi già cantavano e soprattutto componevano. Geniali. Crearono banane e lampioni, orti e medicinali. Belli, con gli occhi di ghiaccio. Ma mai freddi. Aperti alle esperienze nuove. Scioccanti. Nocivi per la staticità mentale. 

Vennero a renderci omaggio, portarono un vassoio di dolci e bignè. Ma ero io che dovevo inchinarmi a loro. Non avevo parole per esprimerlo. Guardavo il cornuto di sottecchi girando lo sguardo quando lui si accorgeva della mia insistenza. Allora passavo a guardare la scorza di melone, mi perdevo nei suoi occhi chiari. In tutto il pomeriggio dissi dieci parole. Sembravo un cazzone. Poi andarono via, chiusero la porta e non li vidi mai più. Un sogno. Chiamai le uova al telefono. Non capivo più niente. Il vino era buono.

Un trillo, la sveglia. Buongiorno.

la telecamera mentale

Immagine

la fonte del pensiero

Prima di dormire, quando il sonno ti vuole chiudere gli occhi, si formano nel pensiero delle immagini. Le seguo, una si trasforma nell’altra. Una si apre e tira fuori l’altra. Una si chiude e l’altra si sovrappone. Con una telecamera mentale vorrei filmare queste forme, pensieri rilassanti, a volte violenti. Vorrei vederli con lucidità il giorno dopo. Riuscirei a trarne dei racconti fantastici. Invece si perdono, che peccato. Tanta ispirazione gettata via. Il flusso più spontaneo della mente mia non riesce a realizzarsi.